Oggi abbiamo il piacere di scambiare due chiacchiere con Paolo Savoldelli, conosciuto dagli appassionati come il Falco, soprannome forgiato sulle sue straordinarie doti di discesista, uno dei più forti di tutti i tempi.
Classe 1973, vincitore del Giro d’Italia nel 2002 e nel 2005, da anni ormai legato alla nostra manifestazione, Paolo ha più volte testato personalmente il percorso della Gran fondo Colnago e è proprio da qui che partiamo con le nostre curiosità.
Paolo, quali sono le caratteristiche più significative del percorso della Gran fondo Colnago?
Fra le caratteristiche di questa gran fondo c’è l’accessibilità a tutti, preparati e meno. Il chilometraggio non è impossibile e le salite sono pedalabili, si riesce a restare in gruppo per parecchi km sfruttando la scia. I panorami stupendi e le ottime condizioni della sede stradale permettono di godersi davvero la competizione.
Cosa deve tassativamente portare con sé chi vuole partecipare a questa competizione?
Ci si deve assolutamente portare dietro una camera d’aria con bomboletta e una mantellina anti-pioggia, anche se nelle ultime edizioni il tempo è stato magnifico, ma non si possono fare previsioni certe. Queste le dotazioni indispensabili, poi ricordiamo i ristori che coprono bene i percorsi, quindi vanno sfruttati durante la performance sportiva.
Parlando dello spirto giusto per affrontare un impegno sportivo come questo, quali consigli ti senti di dare a chi ci segue?
Lo spirito giusto è sempre quello di divertirsi e avere come obiettivo passare una bella giornata in bici, condividendo l’esperienza con gli amici, vecchi e nuovi, ma anche portare a termine il percorso scelto, quindi non strafare, moderare l’esuberanza e arrivare al traguardo! Poi, ovvio, ci vuole anche lo spirito agonistico che vive in ciascuno di noi, quello stesso spirito che vuol migliorare il proprio tempo, superare ogni volta i propri limiti, provando soddisfazione e orgoglio per quello che si fa.
Quali sono i punti di forza che rendono questa gran fondo unica nel suo genere?
Se conoscete il Lago di Garda, la risposta è scontata. Sembra di pedalare in una cartolina, i colori del lago, la dolcezza delle colline coperte dalle vigne, le montagne che fanno da cornice, la pianura con i borghi antichi. Diciamo che la varietà e la bellezza dei paesaggi sono già da sole una ragione valida per non mancare a questo straordinario appuntamento.
Qual è il più bel ricordo legato alla tua carriera da professionista (1996-2008) quella che ti ha insegnato di più, come atleta e come uomo?
I ricordi sono davvero tanti, il Tour de France del 1996 al mio primo anno da prof, è stato una sofferenza, giorno dopo giorno, e per riuscire ad arrivare a Parigi, ho dovuto mettercela tutta e superare le mie capacità del momento. Tanta sofferenza da un lato, ma una grande soddisfazione finale, soprattutto come uomo, non solo come atleta.
Poi ricordo nitidamente l’incidente di Tenerife del 2003, fisicamente due anni di sacrifici e problemi che sembravano non avere una fine, ma anche questa dura esperienza è servita per diventare più forte e per apprezzare con maggiore consapevolezza quello che possiedo.